I tic: quando il corpo parla da solo

I bambini hanno bisogno di essere amati per ragioni che si possono mettere nero su bianco: non è che un essere umano venga costruito dall’ambiente, da un adeguato nutrimento e poi anche dalle cure amorevoli dei genitori; le cure amorevoli sono proprio necessarie per i processi innati di crescita emotiva. D. W. Winnicott, “Bambini”

Che cos’è il tic?

Il tic è un movimento involontario o una produzione vocale involontaria, rapida, ricorrente, non ritmica (di solito gruppi circoscritti di muscoli), che insorge improvvisamente e che non è finalizzata a nessuno scopo apparente.

    • Tic motori riguardano: il battere le palpebre, torcere il collo, scrollare le spalle e fare smorfie con la faccia.
    • Tic vocali semplici riguardano: lo schiarirsi la gola, tossire, annusare, fischiare.
    • Tic motori complessi riguardano: il colpire se stessi, mangiarsi le unghie (onicofagia) o strapparsi i capelli (tricotillomania).
    • Tic vocali complessi riguardano: la ripetizione di parole usando talvolta parole socialmente inaccettabili, spesso oscene (coprolalia) e nel ripetere propri suoni o parole (palilalia).

Comunque, i tic dovuti a contrazioni muscolari involontarie, oppure deglutizione o respirazione “difettosa” richiedono sempre un attento esame pediatrico e neurologico, per verificare la presenza di eventuali cause organiche.

Qual è l’origine psicologica?

Da un punto di vista psicodinamico, come ha evidenziato l’autorevole neuropsichiatria e psicoanalista francese Serge Lebovici, questi disturbi sono associati a tratti ossessivi del carattere in parte dovuti a costrizioni fisiche e motorie eccessive imposte al bambino nel corso della prima infanzia, oppure a forzature alimentari e igieniche come lo svezzamento e il controllo sfinterico precoci. Altri casi possono riguardare bambini in fase edipica (dai tre ai cinque anni), che hanno vissuto come “aggressioni” punitive nei loro confronti piccoli interventi chirurgici, iniezioni, cure mediche o dentistiche, attivando così una sorta di oscura “angoscia di castrazione” che investe le fantasie infantili in questa fase dello sviluppo.
Non tutti i bambini che hanno vissuto esperienze del genere in età prescolare, successivamente sviluppano un disturbo da tic. Spesso sono quei bambini molto bravi, ubbidienti, a volte piuttosto timidi ed impacciati che è raro si concedano uno scatto di collera: di solito preferiscono reagire alle offese o alle ingiustizie tenendo il broncio e chiudendosi nel silenzio. Ma può accadere che verso i sette anni circa, di fronte a situazioni stressanti o persone, riaffiorino nel bambino stati di tensione già vissuti in precedenza e compaia il tic: come un insieme di tensioni muscolari incontrollabili, o di “suoni”. Si ha così la “rappresentazione scenica” dell’aggressività, contratta e compressa dentro di sé, di cui il bambino non ha consapevolezza, anzi prova un enorme imbarazzo per la perdita di controllo del suo corpo che si mette a “parlare da solo”! Ma spesso all’improvviso tutto scompare così come è apparso: ciò significa che il corpo finalmente ha dato sfogo alla sua aggressività.
Nelle forme di autolesionismo, il bambino rivolge il tic intenzionalmente verso se stesso. Si accanisce nel rosicchiarsi le unghie (onicofagia), si strappa i capelli fino a creare un’alopecia, area nel capo in cui non sono presenti i capelli (tricotillomania), o sbatte la testa contro il muro. Tutto ciò rivela l’incapacità del bambino di accettare l’ambivalenza dei sentimenti senza sentirsi in colpa: non ammette di poter a volte provare ostilità e rabbia verso chi ama di più, come mamma e papà. Trova lui stesso una soluzione volgendo su di sé la propria aggressività, quasi per punirsi per i sentimenti “cattivi” che prova. In altri casi, il bambino si punisce per il senso di colpa o per il senso di inferiorità che prova nel non corrispondere alle aspettative dei genitori. Come tutti i tic infantili, anche quelli “autolesionistici” tendono a scomparire non appena si risale alla causa che ha indotto il bambino a sentirsi in colpa per i suoi sentimenti ostili o per le sue prestazioni non ottimali.
Esistono anche forme di autoerotismo, come la suzione del pollice, che preoccupa molti genitori quando i figli sono piccoli, ma soprattutto quando ricompare verso i sette-otto anni. È una sorta di regressione, cioè un voler tornare piccolo, ma anche una forma di autoerotismo inteso come piacere sensoriale, che il bambino si procura per consolarsi ed allentare una tensione.

Cosa fare?

È necessario tenere presente che il bambino comunica il suo disagio agendolo nelle sue varie forme. Come tutti i rituali, i tic possono apparire e scomparire in circostanze varie ed in modo automatico ed involontario. Inutile insistere perché il bambino la smetta. Da un punto di vista psicodinamico, una consulenza psicologica che preveda un’accurata anamnesi (indagine) familiare e personale del bambino seguito da un esame psicodiagnostico sono fondamentali per capire l’origine e la causa del malessere.

Dott.ssa SILVIA TONELLI
psicologa, Rimini


Bibliografia
Lebovici S., Les tics chez l’enfant, Parigi, Presses universitaires de France, 1952
Veggetti Finzi S., Battistin A. M., I bambini sono cambiati, Milano, Mondadori, 1996
Winnicott D. W., Bambini, Milano, Cortina, 1997

Nota del pediatra dott. Gorini: esiste la PANDAS?

Contrariamente a quanto si pensava fino a tempo fa, la cosiddetta “PANDAS” (Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders associated with Streptococcal infections), una sindrome con tic che si supponeva seguisse una infezione streptococcica, è stato dimostrato perdere totalmente il suo valore. Pertanto si può affermare che lo Streptococco, ormai conosciutissimo da tutte le mamme, con i tic del bambino non c’entra nulla.


Bibliografia
La pagina gialla a cura di Alessandro Ventura, Medico e Bambino 6/2012 pag. 354


© 2005-2019, Dr. Stefano Gorini

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