Il piccolo Pinocchio: il bambino e la bugia

La bugia può essere considerata un prodotto della fantasia e del pensiero.
Può evolvere da livelli più “ludici” a livelli patologici.
Quando un bambino mente come si devono comportare i genitori?

Il bambino piccolo 0-5 anni

Da un punto di vista psicodinamico, nel bambino in età prescolare – nel suo mondo interiore – non c’è una chiara distinzione fra fantasia e realtà (A. Phillips). Un bambino di tre anni può essere convinto che sotto il suo letto ci sia un leone e dirlo. I bambini piccoli sono degli esseri appassionati, vedono e percepiscono solo gli estremi, il mondo per loro è o bianco o nero, senza sfumature che ne attenuino i contrasti. I bambini in età prescolare giocano spesso con le parole, come fossero una bacchetta magica che da corpo ai loro pensieri, trasformando il “per finta” in “per davvero”. Non è un caso che la cultura dei primi anni 2000 abbia visto esplodere il fenomeno “Harry Potter”: la magia contenuta in quelle narrazioni richiama uno stile di pensiero tipico del bambino al quale neanche l’adulto a volte rinuncia facilmente. J. Piaget definisce questo assetto mentale del bambino piccolo come “pensiero magico” e “egocentrismo infantile”.

Il bambino dopo i 6 anni

L’età in cui un bambino riesce a distinguere chiaramente il vero dal falso inizia intorno ai sei, sette anni. Con l’inizio della scuola elementare si avvia il periodo delle operazioni intellettuali e si sviluppa pian piano il giudizio morale. Ma attenzione, anche nelle bugie dei bambini grandi che “mentono sapendo di mentire”, spesso emergono tracce del pensiero magico infantile.
J. Sutter descrive queste confusioni e queste alterazioni della realtà sotto il nome di pseudomenzogne del bambino piccolo, aggiungendo il fatto che la sua coscienza morale si svilupperà solo più tardi. Individua diverse forme di bugia: la menzogna generosa (che serve per evitare di causare dolore); quella per timidezza e timore (legata alle tensioni emotive interpersonali); quella per scherzo (poco consistente e immediatamente smascherata); quella per liberarsi da un sentimento penoso (come la vergogna e l’umiliazione); la menzogna nevrotica (tipica dell’adolescenza e relativa ad una situazione conflittuale) .

I significati psicodinamici che si nascondono dietro alcune bugie

Dal punto di vista psicodinamico, i bambini più grandi, per esempio, potrebbero negare l’evidenza di un brutto voto come mossi dal desiderio che non sia mai esistito, oppure che il litigio in classe sia davvero scoppiato per colpa di un altro bambino. È proprio questa tendenza ad ingannare se stesso, prima ancora che gli altri, che deve essere osservata con attenzione. Se le bugie diventano così frequenti da indurre il bambino a costruirsi un mondo “per finta”, fatto di illusioni, di sogni, di desideri che non hanno a che fare con la realtà che sta vivendo, significa che evidentemente la sua realtà non gli piace o lo fa soffrire.

    • La bugia per discolpa, per esempio, è quella tipica del “Non sono stato io”: man mano che il bambino cresce ed acquista maggiore fiducia nelle sue capacità, questa scompare spontaneamente. Infatti, la bugia per discolpa ha a che fare con il senso di sé, la fiducia in se stessi e l’autostima che portano il bambino ad accettare anche la parte negativa di sé, quella del “bambino cattivo”, riconoscendo un errore senza che sia vissuto come irreparabile e potendo finalmente dire “Sono stato io”. Se la bugia per discolpa continua ad esser frequente dopo i sette anni è perché il bambino ha paura delle punizioni, del giudizio dei genitori, della disapprovazione e utilizza la bugia come difesa estrema. Ad esempio ci sono bambini che dicono bugie perché, educati come “bambini troppo perfetti”, non vogliono rischiare di deludere le aspettative dei genitori.
    • La bugia consolatoria riguarda quei bambini che inventano racconti e storie per consolarsi, perché si sentono infelici, poco amati, poco apprezzati. Potrebbe essere il caso di quel bambino che racconta che farà un bel viaggio tutto solo con il papà di cui sente l’assenza a causa dei suoi impegni lavorativi; oppure di quel bambino che descrive con ricchezza di particolari la sua splendida prestazione nella partita di calcio dalla quale in realtà è stato escluso; e via via, di consolazione in consolazione…

Dalla normalità alla patologia lungo la scala evolutiva

Dal punto di vista della psicopatologia, la strumentalizzazione delle bugie in modo sempre più frequente e pesante da parte del bambino potrebbe essere l’origine di una tendenza antisociale. La tesi di D. W. Winnicott, celebre pediatra e psicoanalista, affermava che “la tendenza antisociale è intrinsecamente legata alla deprivazione”. Deprivazione è la parola usata da Winnicott per riferirsi ad un ambiente (contesto fisico, relazionale ed emotivo) accettabilmente buono, dapprima provato e quindi perduto: “le cose andavano abbastanza bene e poi non più”. Con il termine “tendenza antisociale” Winnicott intendeva quella che ha le sue manifestazioni cliniche in un ampio ventaglio di comportamenti, fra cui “rubare, dire bugie, aggressività, atti distruttivi…”. La speranza del bambino è comunque che “l’ambiente possa riconoscere e compensare la specifica carenza che ha prodotto il danno”.

Nei panni dei genitori

Tutti i bambini prima o poi dicono qualche bugia, le “bugie bianche” non fanno male a nessuno, ci sarebbe da preoccuparsi del contrario.

    • Bisogna fare attenzione a non accusare mai un bambino etichettandolo come “bugiardo”, poiché tale attribuzione negativa potrebbe diminuire la fiducia in se stesso e nei suoi genitori. Le accuse non solo diminuiscono la fiducia che ha nel genitore, ma anche la sua sincerità.
    • Davanti ad una menzogna sarebbe utile evitare di reagire con collera, con prediche eccessive, o dando troppo peso alla bugia: può essere più vantaggioso spostare l’attenzione sui fatti e sui comportamenti che ne sono all’origine. Riflettere insieme sulle cause evita di ritrovarsi poi con una famiglia trasformata in un tribunale inquisitore.

Mai mentire ai bambini: per quale motivo?

Riflettendo sul fatto che la sincerità e la bugia spesso si imparano dai genitori (apprendimento per imitazione), sarebbe opportuno non mentire al bambino, neanche quando pone delle domande difficili ed imbarazzanti.

    • Dare una risposta falsa, raccontare una falsa verità, o fare un promessa che poi non si avvera, fa sentire il bambino profondamente tradito e ferito, quindi in qualche modo autorizzato a mentire a sua volta.
    • Quando un bambino mente, suscita nell’adulto sentimenti contrastanti, come il pensare che lo faccia con lo scopo di ingannare o sminuire l’autorità del genitore, ma non è sempre e solo così.

Quando ricorrere all’aiuto di uno psicologo?

Nei casi più difficili specie in presenza di un comportamento patologico.

Dott.ssa SILVIA TONELLI
psicologa, Rimini


Bibliografia
Phillips, I no che aiutano a crescere, Feltrinelli, Milano, 2002
M. Davis, D.C. Wallbridge, Introduzione all’opera di D.W.Winnicott, Firenze, Martinelli, 1994
J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, 1967
J. Sutter , Le mensonge chez l’enfant, PUF, Parigi, 1956
S.Veggetti Finzi., A. M. Battistin, I bambini sono cambiati, Milano, Mondadori, 1996


© 2005, Dr. Stefano Gorini

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