Quando il piccolo balbetta

LA BALBUZIE

Di cosa si tratta?
Quali sono le cause?
Come devono comportarsi i genitori?
Il bambino è normale o ha dei problemi?
Come e quando intervenire?
Una volta guarito è per sempre?


Di cosa si tratta?

È un disturbo verbale che determina caratteristicamente interruzioni o ripetizioni nel fluire della parola. Il sintomo immediato di tale disturbo si manifesta soprattutto in principio di discorso ed è legato a uno spasmo dei meccanismi deputati all’emissione del suono. Il disturbo è di solito transitorio, interessando solo nell’1% dei casi il bambino grande e l’adulto.
È necessario distinguere tra i vari tipi di balbuzie: balbuzie apparente e balbuzie effettiva.

    • La balbuzie apparente coincide con un momento di preparazione alla parola e, generalmente, si risolve spontaneamente, senza lasciar traccia. Questo disordine interessa la quasi generalità dei bambini (dai 2 ai 4 anni) ma, più che un vero e proprio disturbo del linguaggio, è manifestazione d’immaturità espressiva, di carenza di vocabolario, d’incompleta formazione di tutto l’apparato fonatorio e d’incoordinazione coi centri verbo-motori. È un fenomeno temporaneo, che il bambino vive senza problemi e di cui quasi mai si rende conto, mentre il genitore può vivere questo periodo erroneamente con ansia.
    • La balbuzie effettiva (o secondaria) è una realtà che si delinea dai 5-6 anni in poi ed ha un’origine ben diversa. Il soggetto inizia a prenderne coscienza e a preoccuparsi, creandosi una serie di complessi specifici e generici, espressivi e comportamentali. Il disturbo può fissarsi e radicarsi nella personalità del soggetto sempre più, perdurando anche in età adulta, rendendo sempre più difficoltosi i tentativi terapeutici mano a mano che si avanza con l’età. A questo punto si accompagna a un disturbo della personalità che, alterando l’equilibrio emotivo del soggetto, concorre all’automantenimento del problema.

Quali sono le cause?

Esistono varie teorie (organiciste, psicogenetiche, linguistiche) ma in realtà non si conoscono completamente i motivi per cui la balbuzie viene a determinarsi nel singolo soggetto. Spesso si è parlato di ereditarietà e si è citata la frequenza con cui da genitori balbuzienti discendono figli con lo stesso disturbo. Non si tratta, però, propriamente di ereditarietà biologica (non è stato dimostrato a tutt’oggi il gene della balbuzie) ma di ereditarietà emotiva. In particolare, riguardo a quest’ultima, si distinguono le componenti caratteriali e le componenti proiettive.

    • Componenti caratteriali: accade sovente che i figli presentino le stesse caratteristiche emotive, di sensibilità, comportamentali (e quindi anche fonetiche) degli ascendenti paterni e materni per cui, dinanzi a situazioni similari, saranno inclini a reagire in modo analogo.
    • Componenti proiettive: il genitore balbuziente (o un parente prossimo) può tendere a “proiettare” e a riversare sul piccolo la frustrazione sofferta da lui stesso a causa della balbuzie e l’ansia che pure il figlio cominci a balbettare, caricando di tensione il momento in cui il bambino comincia ad esprimersi. Quest’ultimo assimila l’ansia e la paura del genitore percependosi così realmente incapace e dubbioso sulle proprie capacità.

Come devono comportarsi i genitori?

    • I genitori non devono mai manifestare le proprie preoccupazioni davanti al bambino, nè devono invitarlo ad esprimersi in maniera diversa. In poche parole: si lasci il bimbo balbettare in pace e in un ambiente sereno! Il disturbo nella maggior parte dei casi, come detto, è transitorio e si risolve spontaneamente nel giro di qualche mese.
    • Parlare con il pediatra per seguire l’evoluzione della balbuzie. Nei rari casi in cui questa non si risolve entro i 4 anni, sarà opportuno intervenire con delicatezza e in maniera competente. A volte sotto i 5-6 anni può essere opportuno intervenire indirettamente sulla madre, insegnandole le tecniche opportune e fornendo le istruzioni pratiche da adottare con il bambino: i risultati possono essere immediati e soprattutto duraturi, più che con i bambini di 8-9 anni e gli adolescenti.

Il bambino è normale o ha dei problemi?

    • Il balbuziente è un soggetto del tutto normale psichicamente, anzi con una sensibilità e un’intelligenza spesso superiore alla media: gli eventuali problemi psicologici presenti variano da soggetto a soggetto e dipendono da come viene vissuto il proprio disturbo.
    • “Non esiste la balbuzie, esistono invece i balbuzienti”. Il balbuziente infatti non balbetta mai da solo, ma solo in presenza di altre persone: la balbuzie è pertanto un disturbo di relazione con l’altro e quindi il balbuziente non balbetta perché ansioso, piuttosto è ansioso perché balbetta.

Come e quando intervenire?

Prima si tratta, meglio è. Gli adulti balbuzienti generalmente hanno più difficoltà ad affrontare il problema rispetto ai bambini. Un adulto balbetta da tanti anni, lo schema è fissato fortemente, si percepisce UN BALBUZIENTE, come sarebbe senza balbettare? Le incognite e le insicurezze spesso superano la motivazione al cambiamento. Più si va avanti con l’età più c’è il rischio di rassegnazione.
Esistono varie possibilità terapeutiche a seconda dell’età in cui si interviene. Il ricordarle tutte non è tuttavia utile in questa sede. Comunque, sintetizzando, queste terapie focalizzano la loro azione sui diversi aspetti del problema: un metodo tende ad esempio a rimuovere le impressioni negative vissute dal soggetto, un altro all’accettazione dinanzi a se stesso ed agli altri del proprio disturbo, e ancora allo sviluppo di tecniche di rilassamento, il tutto variamente intrecciato con tecniche psicoanalitiche fino all’ipnosi.
Qui si vuole invece trattare, sia per la completezza del metodo che per la buona percentuale di successi, della TERAPIA PSICOFONICA.
Questa si propone di sviluppare insieme sicurezza personale e sicurezza nell’emissione del suono e in particolare della parola. Infatti a nulla varrebbe l’impegno psicologico se, contemporaneamente, non venisse presentato al soggetto balbuziente un modello di emissione della parola tale da permettergli, in un tempo più che breve, di presentare verbalmente i suoi pensieri. Bisogna quindi renderlo consapevole, fin dal primo giorno, dell’obiettivo da raggiungere: parlare bene come tutti. Poiché è ormai dimostrato che l’apparato fonatorio del balbuziente è sano e capace di funzionare perfettamente.
Il fatto che il balbuziente riesca a cantare senza balbettare, anche sotto pressione emotiva, dimostra che entrano in gioco nel complesso dei meccanismi psichici due proprietà fondamentali del canto: l’oscillazione periodica delle frequenze vocaliche ed il legamento sonoro.
Dalle considerazioni sull’importanza della vocale e sulle proprietà del canto, si giunge a formulare le regole fonetiche del metodo.
Nella didattica terapeutica queste sono:

    • aprire molto bene la bocca come nel canto
    • prolungare per tre volte la prima vocale della frase
    • addolcire tutte le consonanti accentuando la flessione della voce sulle vocali
    • legare le parole tra loro come anelli di una catena.

Il soggetto si impegnerà a parlare il più possibile con le 4 regole, inizialmente con la cantilena (ritmo lentissimo), successivamente con la cadenza (ritmo meno lento), per giungere finalmente a parlare con una leggera inflessione (normoloquenza). Il percorso terapeutico (da cantilena a inflessione) ha la durata di poco più di un mese.
Perché tuttavia, dopo aver imparato la tecnica, ci sono difficoltà nell’applicarla davanti agli altri? Molti rispondono che se la dimenticano, o che si vergognano di applicarla poiché gli altri sentirebbero la nuova cadenza fonatoria (in realtà si parla in una maniera molto prossima al normale parlare) e, di conseguenza, si verrebbe derisi. I genitori non comprendono come sia possibile che il figlio, pur avendo imparato a parlare in maniera corretta, “scelga” di balbettare. In realtà non si tratta di scelta consapevole, ma di scelta inconscia; la balbuzie è un blocco psico-fonico, un blocco nevrotico della personalità: il rinunciare a balbettare significherebbe mettere in gioco tutta la propria persona, significherebbe accettare di cambiare, di trasformarsi e quindi di maturare a livello di personalità. Tutto questo, quindi, comporta inevitabilmente resistenza inconscia (che a livello conscio si maschera nei vari “mi sono dimenticato”… ecc). Per un grande cambiamento è necessario fare piccoli “passi” e armarsi di grande pazienza e fiducia nei confronti del proprio figlio (da parte dei genitori) e di grande tenacia (da parte del figlio).
Consapevoli che un percorso di crescita personale è costellato di fallimenti e successi, continuando ad applicarsi nel “metodo” e cercando di comprendere perché in determinate situazioni non si sia riusciti, il miglioramento e la piena “liberazione” dalla balbuzie saranno inevitabili e si potrà finalmente esprimere e sentire “intimamente” quanto sia bello parlare!

Una volta guarito è per sempre?

La balbuzie non è una febbre, è un blocco psico-fonico che si innesta in una personalità che è predisposta a maturare quel certo tipo di difficoltà. Quando il soggetto scopre sulla propria pelle che può gestire la propria difficoltà e soprattutto fare esperienza, grazie alla tecnica, che parlare bene dà un gran piacere, inizia quel percorso paragonabile a una pallina di neve che scende da un pendio innevato: diventa sempre più grossa (forte) e travolge tutti (non si ferma più nel parlare). Ognuno farà il proprio percorso psicologico a seconda delle proprie risorse personali e familiari, con tempi differenti e sensazioni diverse. Un balbuziente compensato (cioè che ha affrontato il proprio disturbo) in un momento di grande tensione o di percezione di mancanza di controllo dell’ambiente potrà essere più predisposto a farsi una balbettata rispetto a una persona che non ha mai balbettato in vita sua, ma questo non gli impedirà di per potersi riprendere brillantemente! Il fatto che si possa ogni tanto balbettare non deve essere vissuto come un fallimento. Un conto infatti è gestire la balbuzie, cioè la propria fragilità e delicatezza d’animo, e un conto è essere gestito da essa.

Dott. Davide Moretti,
Psicologo, Cesena
www.guarirebalbuzie.it


© 2004, Dr. Stefano Gorini

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