Un affetto sicuro aiuta l’autonomia

“MAMMA DOVE VAI?” ATTACCAMENTO E SEPARAZIONE
L’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare legami significativi con chi lo accudisce

Tale concetto trae le sue origini dalla “teoria dell’attaccamento”, che si sviluppò in seguito agli studi condotti da John Bowlby, in Inghilterra intorno agli anni cinquanta. Egli studiò gli effetti della “deprivazione materna”, cioè della assenza della madre in bambini istituzionalizzati e ospedalizzati.
Il bambino ha una predisposizione innata a ricercare la vicinanza di una figura di riferimento che se ne occupi e che gli attribuisca un valore. Egli di conseguenza arriva ad attaccarsi a chi lo cura. Un neonato da solo sarebbe esposto a qualsiasi rischio, ha perciò bisogno di qualcuno che gli dia protezione e che faccia da “filtro” tra sè e il mondo. In genere è la madre che da al bambino le cure necessarie: lo alimenta, lo coccola e lo riscalda, lo pulisce e lo cura nel corpo, gli parla e risponde a tutti i suoi bisogni.
C’è comunque un’azione reciproca nella formazione del legame, la reciprocità è la giusta base per consentire gradualmente al bambino di rendersi autonomo. Nella dinamica dell’attaccamento, una madre “sufficientemente buona”, creerà con il suo bambino un clima in cui siano possibili sia l’esplorazione creativa (nel cibo, nel contatto con l’ambiente, nell’espressione dei bisogni) che la verifica della realtà per poi arrivare al successivo distacco da lei.
Secondo la teoria dell’attaccamento, tale processo inizia dopo la nascita e continua durante i primi tre anni.

Gli effetti psicologici a lungo termine di un buon legame, possono essere i seguenti:

    • Il bambino esplora con fiducia il mondo che lo circonda.
    • Il bambino è in grado di prendere iniziative personali.
    • Facilita la socializzazione.
    • Aiuta ad attivare una buona risposta agli stress.
    • Porta al giusto equilibrio tra dipendenza ed autonomia.
    • Favorisce lo sviluppo delle relazioni sane lungo l’arco evolutivo.

Ma cosa accade quando l’attaccamento è carente o insufficiente? Come incide questa carenza sulla capacità del bambino di staccarsi dalla mamma?

Gli effetti sono riscontrabili sin dal primo e secondo anno di vita del bambino, infatti a partire da un anno di possono distinguere quattro tipologie di attaccamento dal modo in cui il bambino reagisce alla separazione dalla mamma.

    • Attaccamento sicuro: il bambino è sereno e tollera bene le assenze della mamma, non protesta se rimane con persone che conosce bene. Però ci può essere protesta breve soprattutto in presenza di situazioni nuove, o a persone sconosciute, che è comunque indice di un buon legame e di equilibrio.
    • Attaccamento insicuro-evitante: il bambino sembra essere autonomo, invece nasconde il bisogno della presenza costante e continua della mamma. Il legame è mascherato e nascosto, poichè la madre è tendenzialmente rifiutante e non responsiva ai bisogni. Sarà in seguito che si manifesteranno delle difficoltà, nel momento in cui il bambino dovrà realmente misurarsi con la sua autonomia, come: l’entrata alla scuola materna o elementare.
    • Attaccamento ambivalente o resistente: è tipico dei bambini molto affettuosi e coccoloni, ma che non sopportano l’idea di non avere sempre accanto la mamma. Sono generalmente bambini molto ansiosi. L’idea o “la minaccia” che la mamma non sia visibile o “toccabile” li manda in ansia e si allarmano appena accenna ad allontanarsi. La madre ha un atteggiamento ambivalente e tendenzialmente intrusivo.
    • Attaccamento disorientato o disorganizzato: sono quei bambini inibiti dalla presenza della mamma e disturbati dalla sua assenza. Sono situazioni di gravi carenze materne sui bisogni di base del bambino sin dalla nascita. Potrebbero essere madri depresse, maltrattanti o con difficoltà psicologiche tali da non riuscire a rispondere adeguatamente ai bisogni primari di accudimento. Questi bambini sono ad elevato rischio di sviluppare psicopatologie e disturbi di personalità.

Come impara il bambino a separarsi dalla mamma?

Come inizialmente accennato, tale processo inizia già dopo la nascita e continua durante i primi tre anni. Davanti alla separazione dalla mamma, è anche sano e giusto che ci sia una protesta del bambino che rientra in un comportamento tollerante e che conferma il legame di tipo sicuro. Il distacco, le piccole separazioni possono essere inizialmente difficili da affrontare, non solo per il bambino piccolo, ma anche per la mamma. Ne sono un esempio: il ritorno al lavoro dopo il parto e lo svezzamento, che rappresenta l’abbandono non solo di un’abitudine e di un piacere condiviso, ma con il seno materno, di una forte intimità. Simbolicamente si potrebbe dire che se si è instaurato un buon legame tra madre e bambino in queste prime fasi, anche successivamente, di fronte alle separazioni il piccolo sa che in quel distacco “non perde la mamma”, perchè tiene in sé, interiorizza, quel legame e quella fiducia di base.
La sicurezza ricevuta dal bambino rappresenta per lui fiducia e “base sicura” che gli eviterà successivamente di cadere in preda all’insicurezza e all’angoscia per la separazione.

C’è un altro momento evolutivo critico, in cui il bambino può vivere male il distacco. Accade quando tra i 7/8 mesi le sue figure di attaccamento si allontanano, o sono presenti, ma ci si trova con estranei, intesi anche come persone che il bambino non vede abiltualmente tutti i giorni o tutte le settimane, di cui non sa prevedere le reazione ed i comportamenti, questa fase è chiamata – fase dell’ansia dell’estraneo o angoscia dell’ottavo mese.

Il bambino intorno ai tre anni dovrebbe già essere in grado di tollerare l’assenza della mamma per breve periodo di tempo durante la giornata, come avviene alla scuola materna. A tre anni il bambino può attingere a quella sicurezza interiore, frutto del buon legame con lei. Attenzione perché ciò non significa totale autonomia, ma lascia spazio ancora a quella fluttuazione tipica tra bisogni di autonomia nel “fare le cose da solo” da un lato, e bisogni di protezione, coccole e consolazione dall’altro. Il bambino di tre anni, è infatti ancora molto dipendente dalle figure di riferimento, ma inizia anche a possedere le necessarie competenze, cioè risorse intellettive, motorie, linguistiche, emotive, per sperimentare la separazione e per dirsi “che ce la posso fare”.

Dai sei anni – La fobia della scuola si presenta come un’improvviso malessere all’idea di andare a scuola, con sintomi psicosomatici accentuati (dolori addominali, mal di testa, nausea, attacchi asmatici…..) ma privi di cause organiche che peggiorano quando il bambino è in classe tanto da indurre il ritorno a casa, oppure insorgono al mattino portando ad assenze da scuola. Questo quadro non ha niente a che vedere con il vecchio trucco di inventarsi una malattia per non andare a scuola. Di solito le crisi di panico compaiono all’inizio dell’anno scolastico o in concomitanza ad eventi particolari come: cambiamento di abitazione o di scuola, la nascita di un fratellino, gravi malattie, lutti, conflitti tra genitori. Tali eventi accentuano l’ansia da separazione ed evocano fantasie di abbandono, diverse da bambino a bambino. Alcuni studiosi pensano che all’origine della fobia scolare ci sia la cosiddetta “sindrome di Peter Pan”: cioè il rifiuto è come un “sintomo di copertura”, un meccanismo di difesa inconscio che serve al bambino per proteggersi dall’ansia di separazione legata alla paura di crescere e quindi al desiderio di rimanere piccino.

Alcuni spunti operativi per mamma e papà

    • Favorire la reciprocità nella relazione con entrambi i genitori.
    • Favorire l’esplorazione creativa.
    • Sostenere le sue piccole autonomie.
    • Dare fiducia e trasmettere fiducia contenendo talvolta la propria ansia.
    • Evitare ricatti o minacce che portano ad ulteriori ed inevitabili conflitti.

Quando chiedere invece un parere all’esperto?

Quando al momento della separazione il bambino piange ininterrottamente, non riesce a stare senza la mamma, va in angoscia, si sente perso e abbandonato. La sofferenza del bambino potrebbe manifestarsi anche sotto forma di collera con aggressività ed urla, oppure tristezza ed apatia. Comunque se la paura della separazione è l’unico motivo della sua ansia ed assume una certa intensità, allora si tratta di un disagio. Ad essa spesso sono associate preoccupazioni non realistiche del bambino, paure di abbandono, paura di stare da solo, paura che succeda qualcosa ai genitori in sua assenza, paura della scuola, disagi espressi nelle occasioni in cui si verifica la separazione. Ciò è dovuto a diversi fattori, che riguardano non solo il piccolo ma anche la qualità dei suoi legami con i genitori ed il suo ambiente, il cui approfondimento permette di offrire un adeguato supporto alla situazione.

Dott.ssa SILVIA TONELLI
psicologa, Rimini


Bibliografia
Bowlby J. (1969): Attaccamento e perdita, vol 1: L’attaccamento alla madre. Boringhieri, Torino, 1972
Bowlby J. (1973): Attaccamento e perdita, vol 2: La separazione dalla madre. Boringhieri, Torino, 1972
Veggetti Finzi S. (1996): I bambini sono cambiati, Mondatori, Milano, 1998
Anna Oliverio ferrarsi: Non solo amore…..Giunti, Firenze-Milano 2005
AA.VV.,: ICD-10, Masson , Milano, 1997


© 2007, Dr. Stefano Gorini

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